Il Monviso e Annibale

Metti di aver camminato 14 chilometri, di aver salito 1700 metri, e di poter scegliere tra una galleria (il leggendario Buco di Viso) o altri 100 metri di salita. Facile. Ma poi metti che alzi gli occhi e c’è un elefante che sale, e sale proprio dove passò Annibale: un elefante sul colle delle Traversette. Voi cos’avreste fatto?

Il Giro del Monviso è un trekking di 35 chilometri con 3000 metri di dislivello che può essere percorso in 1, 2, 3, 4, 5 giorni o più. Dipende da quanto si è allenati e dalle proprie aspettative. Con 4 giorni a disposizione si possono trascorrere quattro giorni in uno scenario selvaggio, poco frequentato anche in alta stagione. Il percorso è impegnativo e mai banale, ma non ha niente di alpinistico. Si attraversano lunghi e ampi valloni, si percorrono salite faticose, si scendono un paio di pietraie, ma la parte migliore sono i colli. Tra la Francia e l’Italia, tra le valli del Po e del Varaita, a cavallo di due mondi che osservati dal basso sembrano non esistere. E le varianti sono infinite.

 

Il Buco del Monviso

Il Buco di Viso è il primo traforo delle Alpi, ha 600 anni di storia. Si trova solo 100 metri al di sotto del Colle delle Traversette, ma la sua presenza è così importante che nel 1478 il marchese di Saluzzo accettò di realizzare un’opera mai vista prima. Un tunnel di 75 metri, scavato nella roccia, a 2800 metri di altitudine. Dove la neve lascia libero il terreno per 4 mesi all’anno. Quando ci si trova di fronte all’ingresso del tunnel, il motivo è chiaro: la salita dei restanti 100 metri che portano al colle è molto ripida e si svolge su un sentiero stretto, pieno di tornanti e su un fondo instabile.

Le carovane che nel XV secolo transitavano dal colle con asini, muli e uomini rischiavano costantemente una caduta che avrebbe ucciso il mezzo di trasporto e vanificato il viaggio fatto fin lì. Con la caduta della prima neve, inoltre, il percorso per il colle diventava così pericoloso da interrompere la via commerciale fino alla stagione successiva. Il Buco si trova solo 100 metri più in basso, ma se 600 anni fa si decise di affrontare la spesa e lo sforzo, è perché ne valeva la pena.

Oggi non è niente di più di un monumento, una gita quasi obbligata per chi frequenta la valle Po e quella del Queyras e una tappa fondamentale durante il Giro del Monviso. C’è solo una cosa che potrebbe far decidere di ignorare il Buco per salire al Colle durante una traversata: Annibale scortato da un elefante.

Elefanti sulle Alpi

Martin Mueller è un insegnate di educazione fisica austriaco. Nel 2015 ha iniziato a programmare un viaggio intorno al mondo che compirà nel 2019, quando andrà in pensione. Lo farà in bicicletta, trainando un carro coperto che in parte ha costruito lui stesso. Nel frattempo però si dedica ad altro. Ad esempio ai viaggi con l’elefante.

A novembre del 2017 ha letto un articolo di William Mahaney, un geomorfologo canadese che ha condotto degli studi a cavallo del Colle per trovare le prove del passaggio di Annibale. Mahaney crede di aver trovato una prova decisiva in uno strato di terriccio organico a 30 centimetri di profondità, che potrebbe corrispondere allo sterco di un numero di cavalli giustificabile da una spedizione militare. Eccetera.

A novembre 2017 Martin ha letto questo articolo «E ho capito che avrei dovuto farlo. Nessun elefante, a parte ai tempi di Annibale, ha mai attraversato il Colle». Martin ha costruito un elefante gonfiabile trasportabile come una carriola grazie a una ruota di gomma. La ruota è stata utile fino al rifugio Du Viso, sul versante francese, ma da lì in avanti il terreno diventa più impervio, così ha dovuto fare affidamento su un compagno di viaggio.

Il suo nome è Anita Blum, anche lei insegnante. Si sono incontrati sul Tinder dei viaggiatori: un sito in tedesco in cui i viaggiatori solitari in cerca di un compagno di viaggio possono incrociare i propri interessi e scegliere di fare qualche chilometro insieme. Anche con un elefante sulla schiena. «Cercavo una persona che facesse foto o video del mio viaggio, in realtà ha fatto molto di più». Anita ha trasportato l’elefante insieme a Martin nelle 11 ore di cammino dal refuge Du Viso al Pian del Re, attraverso le Traversette.

«È stato difficilissimo, ma le persone che abbiamo incontrato lungo il percorso erano così entusiaste che abbiamo dovuto continuare!». Ora il viaggio di Annibale, Anita e dell’elefante è finito. Il pachiderma per un po’ starà a Crissolo, in un parco avventura inaugurato qualche mese fa. La ruota invece si trova in un campeggio in Francia.

 

Solidarietà

L’impresa di Martin Mueller e Anita Blum non è fine a se stessa. Come tutte le altre avventure di Martin, anche questa era finalizzata a raccogliere fondi per le persone che vivono sotto la soglia di povertà in Africa. In questo caso per chi in Etiopia è affetto da cecità.

«Il 100% di quello che raccolgo va ai poveri. Non ci sono commissioni che sprecano una gran parte dei fondi raccolti. Per me è una buona cosa combinare un’avventura personale a un progetto umanitario. Ho un buon lavoro, vivo in un bel Paese e mi sembra giusto fare qualcosa per le persone che non sono fortunate come lo sono io.

Perché l’Etiopia? Perché ho un amico che viaggia spesso in Paese per aiutare le persone. Non lo so perché ci siano così tante persone cieche in Etiopia. In passato ho finanziato una stazione di pompaggio dell’acqua. Secondo il mio amico è il modo migliore di aiutare i poveri in Etiopia, e io gli credo».

Se volete contribuire al suo progetto potete contattarlo attraverso il suo sito web: heliomar.at.