Mollo tutto e… Francigena!

Lui si chiama Andrea Vismara e fa lo scrittore, ma non da sempre, almeno non a tempo pieno. Perché per poterci riuscire ha dovuto prendere una decisione drastica, LA decisione per antonomasia: cambiare completamente vita.

 

La mia Francigena | di andrea Vismara | Edizioni dei Cammini 2016 | 198 pp | 16€

  Se state pensando che Andrea non sia un tipo con i piedi per terra, non è così. Se avrete occasione di incontrarlo durante la presentazione di uno dei suoi libri vi accorgerete di certo che è un personaggio estroso ed eccentrico, e ascoltarlo parlare in pubblico è un piacere perché si viene letteralmente travolti dal suo entusiasmo. Ma resterete senz’altro delusi se cercherete qualche segno di una decisione presa alla cieca senza avere in mente le possibili conseguenze: al contrario, con umiltà e semplicità riuscirà a trasmettere la forza di una scelta fatta con sacrifici, ma di cui non sembra pentirsi.

Partiamo dalle origini

1965, Roma. Andrea ha un passato nella musica, nei libri e nella fotografia. Dopo aver suonato in molto gruppi musicali di Roma e aver fatto spettacoli teatrali, ha appeso gli strumenti al chiodo: «Perché poi le passioni vanno assecondate, e siccome scrivere mi riesce abbastanza bene e mi dà soddisfazioni, al di là delle vendite del libro, mi diverto in questa cosa qui. Vediamo se è una cosa che si potrà portare avanti».

Per capire quanto drastico è stato il suo cambiamento, dobbiamo chiedergli quale fosse il suo lavoro. «Lavoravo per il Partito Democratico nazionale. Per anni ho lavorato da Rinascita, la storica libreria romana del PCI; quando ha chiuso siamo stati traghettati lì dentro. Sono stato qualche anno con loro, avevo mansioni anche interessanti, seguivo un sito web, facevo il fotografo, però un partito politico non è proprio il mio ambiente».

Quindi a poco a poco è maturata la decisione. «La mia compagna vive in toscana e io facevo avanti e indietro tutti i week-end, era stressante. Mi sono trasferito per tutte queste ragioni. Volevo anche che la mia vita fosse un po’ diversa: qui io sto in un paesino di poche anime che in confronto alla capitale è un pianeta completamente diverso. Avevo bisogno anche della tranquillità della campagna toscana».

 

E perché il cammino è rientrato in questo progetto di cambiamento?

«Io nasco camminatore, fin da piccolo andavo in montagna. Poi quando ero più giovane avevo fatto dei cammini di diversi in Inghilterra. Poi una cosa e l’altra, il lavoro ti ruba sempre un po’ di vita, alla fine non si ha mai il tempo necessario per fare una cosa così lunga.
Nel momento in cui ho avuto il tempo a disposizione per fare le cose che mi andava di fare, di dedicarmi a me stesso, la via Francigena, che era una cosa che volevo fare da tempo e mi affascinava da tempo, è entrata perfettamente in questo percorso. Ne ho approfittato e l’ho camminata tutta quanta. Perché bisogna avere i giorni a disposizione per farla tutta, ci vuole tempo a disposizione».

Che cosa ti aspettavi dalla via Francigena?

«Non è che avessi nulla da trovare, se non un po’ di calma proprio per questa scelta di rivoluzionare la mia vita. Tutte le volte che sono partito per fare questi cammini lunghi la motivazione vera e propria era quella di avere tempo a disposizione per stare solo con me stesso. Per questo anche viaggio e cammino in solitaria. Nelle ore passate a camminare uno non può fare altro che confrontarsi con sé stesso. Dire che il cammino è una forma di autoanalisi per me è una cosa molto vera. È la motivazione principale».

E con queste premesse hai raggiunto il tuo obiettivo? Ti ha insegnato qualcosa?

«Sicuramente, ma è sempre stato così, anche anni fa, in Inghilterra o in Galles, era sempre questa la motivazione. Tornavo sempre con una consapevolezza maggiore di me stesso. Poi uno le cazzate le fa comunque. Penso di aver avuto modo di sistemare alcuni tasselli durante questo cammino, proprio riguardo al mio cambiamento radicale di vita. Sono decisioni che cambiano tutto quello che hai sempre fatto e costruito per anni, e improvvisamente molli tutto e vai da un’altra parte, lasci il lavoro, rinunci a uno stipendio, è una cosa da metabolizzare in qualche modo».

Nel tuo diario di viaggio scrivi Camminare con la M maiuscola, come se ne avessi un sacro rispetto

«È così. Poi io non ho la patente, quindi anche a Roma andavo e tornavo dal lavoro a piedi, non prendevo neanche più gli autobus a un certo punto. L’ho rifiutato. Era diventata una parte integrante anche della mia giornata, quella di fare del movimento fisico, delle piccole viandanze, che possono essere delle camminate in città o della passeggiata di due ore qui in toscana. È importante per quello che dà alla testa, al fisico, anche per mantenersi in forma. ha tanti piccoli valori in sé stesso. È una cosa irrinunciabile, per cui diventa un valore quasi sacro, la possibilità di muoversi a piedi con regolarità».

Lo stesso fai con la Strada

«Io ho sempre pensato alla Francigena come a Santiago, tutte queste arterie che scorrono in mezzo all’Europa, come a vie culturali, prima ancora che vie religiose, perché erano vie frequentate non solo da pellegrini ma anche da commercianti, artisti. Erano un modo per veicolare la cultura, e anche la religione è cultura. Erano strade da rispettare, non a livello stradale ma a livello quasi sacrale».

Percorrere un cammino in un certo senso ti cambia la vita. Ma possono farlo tutti?

«Secondo me non è tanto quanta ne fai di strada, ma più come ti infili su quella strada. Uno può fare anche 10 giorni, e poi l’anno dopo farne altri 10, quello non cambia molto. La bellezza secondo me sta proprio nel cambiamento, in quello che ti insegna. Sta nel trovare quella sensazione di libertà che il cammino sa dare. Nello stare in giro dormendo ogni giorno in un logo diverso, con pochissimo bagaglio sulle spalle, scoprendo di poter fare a meno del resto. Questo è un regalo che il cammino può fare a tutti quanti».